La vicenda è accaduta nel carcere di Rebibbia. In cambio cioccolatini, sigarette e ricariche telefoniche.
Un assistente capo coordinatore della polizia penitenziaria sarà giudicato con rito abbreviato per aver commesso il reato di “induzione indebita a dare o promettere utilità”. È successo l’agosto scorso nel carcere di Rebibbia, a Roma, presso il reparto G12 del nuovo complesso della struttura.
L’agente avrebbe compiuto atti sessuali con un detenuto transgender a cui offriva in cambio dei benefit e un trattamento preferenziale rispetto agli altri detenuti.
Un episodio non isolato
Il prossimo luglio si svolgeranno le prime fasi del processo di fonte al gup Valerio Salvo. L’agente di polizia penitenziaria accusato è stato nel frattempo sospeso dal suo incarico e, in caso fosse considerato colpevole, rischia il licenziamento. L’uomo, attualmente, potrebbe essere condannato a scontare da 6 a 10 anni e mezzo di reclusione.
Nel novembre del 2021, sempre nel carcere di Rebibbia, un altro agente della penitenziaria era stato arrestato e messo agli arresti domiciliari, essendo stato accusato di corruzione. Secondo le indagini, l’agente avrebbe aiutato alcuni detenuti ad avere hashish, cocaina e sim telefoniche tramite del cibo che veniva portato dai parenti dei detenuti. Il tutto grazie a dei controlli poco approfonditi dell’agente.